sabato 18 giugno 2011

Presentazione

Ciao a tutti, mi chiamo Rosaria e sono un'aspirante scrittrice, adoro prima di tutto leggere: i libri per me sono un mondo parallelo dove immergersi quando si sfogliano le pagine. Tuttavia mi diletto anche a scrivere, ho cominciato fin da piccola con storie del terrore sui quaderni delle elementari. Cosa posso dire? quello che leggerete è il mio nuovo libro: 3-Il numero perfetto. Un thriller al quale darò vita volta per volta, capitolo dopo capitolo, verrà snocciolato  pian piano senza voler stancare o infastidire nessuno.
Mi piacerebbe però avere vostri giudizi, sarebbe molto importante per me. Accetto ogni genere di critica e consigli, saranno tutti bene accetti.
Se volete avere un assaggio di quello che vi aspetta date un'occhiata qui:


Ps: ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale

CAPITOLO 1


I tagli gli solcavano il viso  ed erano di una profondità inaudita, le gocce di sangue scorrevano e lo rendevano inerme, era strano ma non provava nessun dolore fisico, sembrava essere anestetizzato, forse era la pelle ad essersi abituata a ricevere colpi su colpi e a non alcun tipo di reazione umana, stava perdendo ogni tipo di legame con se stesso.

CAPITOLO 2

Il terrazzino che dava sul centro storico di Roma era diventato il suo mondo, il suo rifugio, tutto quello che la staccava dalla realtà, una realtà troppo dura da accettare dove a popolarla erano solo ricordi spezzati e infiniti di una vita che lei non aveva mai vissuto completamente, una infanzia priva di ricordi e una maturità mai arrivata; da quando Cathy era andata via il suo abisso era diventato talmente profondo da sommergerla completamente senza darle Il tempo di respirare; le sei del mattino erano però l’ora ideale per stare un po’ tranquilla con se stessa senza doversi in qualche modo confrontare con il mondo circostante che la avvolgeva: nessuno era infatti interessato al suo tavolino disposto ad ovest o al dondolo che ondeggiava come un’onda mossa dal vento; lo stress e il traffico quotidiano a quell’ora erano immobili e nulla poteva disturbarla, a parte lo squillo di un telefonino!
                                                          

CAPITOLO 3

“Commissario scusi se la abbiamo disturbata a quest’ora ma è stato trovato un cadavere in Via Tiburtina, la passiamo a prendere?” erano anni che l’agente Criari lavorava in polizia ma ancora se ne usciva con domande assolutamente fuori luogo che non meritavano nemmeno una risposta: “ok a tra poco”. La sua oretta di meditazione era stata troncata di botto, senza darle nemmeno il tempo di abituarsi all’idea che stava cominciando un’altra giornata di lavoro ma non una delle tante, una di quelle che si sa quando cominciano ma non si sa mai quando e se finiscono!
“Dottor Filieri” la sua voce si interruppe quando accanto al cadavere di un uomo sulla trentina, pieno di tagli ed escoriazioni lungo tutto il corpo, non vi trovò il solito medico legale sulla cinquantina con in bocca la sigaretta spenta ma un ragazzo giovane ed attraente con due occhi luminosi che la colpirono incrociando i suoi:
“il dottor Filieri è via per qualche tempo, adesso ci sono io a sostituirlo, piacere Paolo Morelli” non le capitava spesso di sentirsi in imbarazzo di fronte ad un uomo, dopotutto  incontrava persone diverse tutti i giorni e che fossero giovani, vecchi o meno non faceva alcuna differenza: “il soggetto ritrovato è  sulla trentina, è morto per emorragia causata da questi tagli profondi, alcuni hanno lacerato l’arteria femorale e hanno provocato quello che potete osservare anche senza il mio aiuto, la morte è avvenuta questa notte da circa tre ore, anche se sarò più preciso dopo l’autopsia, arrivederci, commissario senza nome”- “sì scusi non mi sono nemmeno presentata, mi chiamo Rebecca Rasta e grazie per le informazioni”.
“Sappiamo qualcosa sulla vittima?” domandò cercando di ritornare alla calma: “si chiama Errico Siriano, aveva con sé i documenti e i soldi, non sembrerebbe affatto un tentativo di rapina” era stato trovato riverso sulla panchina di un parco giochi e aveva dei lividi sulle braccia: “ se non fosse per i tagli si direbbe che è morto di overdose” disse Becca osservandolo: “vediamo se la scientifica trova qualcosa di interessante nella zone circostanti” non sarebbe stata una cosa semplice dal momento che  il tempo all’orizzonte minacciava pioggia e le tracce dovevano essere prese molto in fretta. Era assorta nei suoi pensieri quando una presa alle spalle la spaventò: “Cathy? Ma che ci fai tu qui? Mi hai fatto prendere un colpo”- “cosa credi? Io ho i miei informatori, allora che si sa del ragazzo, a parte nome e cognome ovviamente”- “senti il fatto che hai vissuto tre anni a casa con me e che ti conosco da quando ne avevi quindici non significa che do le notizie alla prima giornalista furba che mi si presenta davanti, capito? quando mi ritrovo di fronte ad un caso di omicidio l’affetto passa in secondo piano lo sai”- “uffà ma perché sei sempre così fiscale, e poi il mio direttore vuole schiaffare il pezzo in  prima pagina, non posso deluderlo,vabbè cercherò di torchiare Tony, da lui qualcosa uscirà di sicuro”- “senti non ti permetto di cercare di scovare notizie da un povero ragazzo indifeso”- “perdutamente innamorato di me, lo sai bene che è così, comunque ricordati che domani sera sei a cena da me, mi raccomando non fare come fai di solito”- “veramente non so se sarà possibile, capirai che con un omicidio”- “non mi interessa” disse Cathy interrompendola: “ non accetterò scuse, anzi non accetteremo scuse, ricordalo, se non vieni non ti parlerò più”- “sì sì e poi i tuoi articoli di nera come gli scrivi? Hai  bisogno di un’ amica commissario, lo sai bene”.
La vedeva allontanarsi svelta come sempre, con quei capelli neri e lunghi e  l’aspetto di una donna di venticinque anni, ma non riusciva in cuor suo ad accettarlo, se ne era presa cura come si poteva fare con una sorella e lei così si sentiva nei suoi confronti, una sorella maggiore che non accettava la sua convivenza con un uomo di dieci anni più di lei.
La pioggia non tardò ad arrivare ma aveva permesso alla scientifica di effettuare i rilievi; Becca era seduta come al solito alla sua scrivania, con le maniche della camicia arrotolata e una penna che le raccoglieva i capelli, i suoi erano gesti consueti e ritmati, si ripetevano ormai da anni meccanicamente e chi la conosceva bene non aveva  nemmeno bisogno di osservarla per sapere come stesse posizionata al posto di comando: “c’è qualche novità?” disse osservando l’agente riverso sul computer con un’aria mista tra la stanchezza e lo sconforto: “purtroppo nulla di particolare commissario, Errico era un agente assicurativo, ed abitava nella stessa via dove lo abbiamo trovato, ci sono però dei precedenti, in passato è stato fermato per qualche piccolo reato, furti di poco conto ma è ormai pulito da più di dieci anni”- “ va bene, io passo dal dottor Morelli, tu vedi se la scientifica ha scoperto qualcosa e dopo andiamo al suo appartamento”- “ah commissario, ricordi che oggi viene il nuovo ispettore”- “sì sì me lo ricordo non ti preoccupare, chiamami appena arriva”.
L’ispettore Rosa Mainati era arrivata a sostituire Riccardi, con il quale collaborava ormai da dieci anni ma che poi aveva ricevuto una promozione ed era andato via; quando glielo avevano comunicato si era sentita strana, dopotutto si era abituata a chiamarlo e sentirsi chiamata ogni qualvolta c’era un nuovo caso, e poi erano diventati qualcosa di più che due semplici colleghi che affrontavano semplici giornate di lavoro insieme, tra loro c’era un rapporto speciale che però nessuno dei due era riuscito a comprendere.
L’istituto di medicina legale le metteva sempre un po’ d’ansia, non riusciva a capire come potesse essere possibile dopo tutto quel tempo che era in polizia ma non si sentiva tranquilla quando vedeva il medico riverso su un corpo freddo e inerme su di un tavolo, con un taglio ad y sul petto, nessuno vorrebbe finire la propria vita in quel modo.
“Mi aveva detto il dottor Filieri che lei è una che va un po’ di fretta” disse Paolo quando la vide entrare: “mi spiace ma saprà anche che apprezzo molto quando i medici sono veloci e repentini come lei, vedo che l’autopsia è stata già  fatta “- “diciamo che è stata fortunata, non avevo priorità di altre persone, comunque ho un po’ di cose da dirle, gli esami tossicologici dimostrano che nel suo sangue c’era una fortissima dose di anestetico, per cui non ha sofferto nel momento in cui gli sono stati inferti i tagli ma la morte è avvenuta per emorragia”- “oltre a queste sostanze ne aveva assunte altre? Droga ad esempio?”- “no nulla del genere, i lividi sul braccio dimostrano che gli sono state fatte delle iniezioni e comunque dalle modalità si direbbe proprio che è stato ammazzato in maniera lenta e dolce, forse l’assassino non lo odiava a tal punto da volerlo vedere soffrire”- “una cosa un po’ strana, comunque nel corso degli anni ho visto talmente tante stranezze che non mi sconvolgo più di tanto”-“ inoltre ha un tatuaggio vede? A forma di tre” era piccolo e si trovava dietro l’orecchio sinistro- “capisco”- “sa sono proprio fortunato”- “perché?”- “non a tutti capita di collaborare con un commissario giovane e carino come lei, o dovrei dire te?”- “grazie per i complimenti e certo che puoi darmi del tu, anche se gli adulatori non li sopporto molto” forse l’atteggiamento intimidito che aveva avuto alla loro presentazione lo aveva indotto a pensare di poter creare un rapporto con lei, magari diverso da quello  di lavoro.

CAPITOLO 4

“Novità dalla scientifica?” Criari era abituato a ricevere questo genere di domande quando il commissario varcava la  porta, o meglio, in tempo di pace si cominciava con un “buongiorno, come va?”  ma quando ci si ritrovava di fronte ad un caso di omicidio le gentilezze e le circostanze cadevano di colpo proprio come un masso gettato in acqua:  “il rapporto è sulla sua scrivania, ah commissario l’ispettore è arrivato, la aspetta nel suo ufficio, ha avuto un tempismo perfetto, siete arrivate insieme a distanza di due minuti l’una dall’altra”- “grazie”.
Rosa Mainati era una ragazza giovane ma questo non le aveva impedito di fare carriera velocemente, dopotutto aveva le doti e l’intraprendenza giusta per crescere: alle spalle due anni trascorsi in Calabria e molti blitz, insomma su di lei, almeno per quanto riguardava l’aspetto lavorativo, non vi erano macchie. Era seduta sulla poltrona e girava i pollici con l’ansia di chi doveva affrontare il suo nuovo capo: era minuta, con i capelli lisci e biondi che le toccavano le spalle, un visino angelico che almeno all’apparenza non dimostrava la forza e l’energia che in realtà possedeva.
“Più che una poliziotta mi sembra una modella” pensava tra sé mentre la guardava riflessa nella vetrinetta del mobile disposto dietro la sua scrivania; era stata una sua idea quella di comprarlo proprio per riuscire a scorgere l’espressione del volto di chi si sarebbe presto ritrovato di fronte: era quella  reale, in nessun modo alterata dalla sua presenza; “salve ispettore, è un piacere averla nel nostro commissariato, ho sentito parlare molto bene di lei” quella voce squillante ed improvvisa la fece sobbalzare dalla sedia di ciliegio sulla quale era nervosamente seduta: “mi scusi non volevo  spaventarla”- “assolutamente, mi scusi, è solo che ero sovrappensiero, per me è un onore lavorare con lei, è un mito per me, ha scovato talmente tanti criminali e serial killer che so di poter solo imparare dalla sua bravura”- “adesso non esageri e ti prego dammi del tu, so che sei molto giovane, ma perfavore non farmi sentire vecchia, sei stata informata sul caso che stiamo seguendo?”-  “sì e sono pronta a mettermi al lavoro”- “perfetto allora andiamo all’appartamento della vittima, magari scopriremo qualcosa di interessante”.
“ La scientifica cosa dice?” disse Rosa mentre erano in auto: “non sono state trovate tracce, impronte e nemmeno l’arma con la quale sono stati inferti i tagli, tuttavia il corpo è stato trascinato post mortem sulla panchina anche se non vi sono impronte di scarpe che lo abbiano condotto lì”- “con elementi come questi, cadrebbe l’ipotesi di una colluttazione o di un assassino inesperto”- “effettivamente non ci vedo nulla di casuale in questo omicidio, dopotutto anche la vittima qualcosa da nascondere del suo passato ce l’aveva, i suoi precedenti dimostrano che non è stato proprio uno stinco di santo, eccoci siamo arrivati”.
Il palazzo dove abitava Errico Siriano era composto da cinque piani e, almeno daa quanto si diceva in giro, era popolato da persone per bene, onesti lavoratori che portavano ogni sera a casa ciò che gli bastava per vivere; la portiera, una vecchia signora dallo sguardo dolce era rimasta sconvolta quando aveva saputo dell’omicidio: “era tanto una persona per bene, abitava da solo e a parte il lavoro,  non usciva quasi mai”- “quindi non c’era nessuno che lo venisse a trovare?”- “che io ricordi no”- “e saprebbe dirci se aveva un’auto?”- “aveva una macchina bianca prima ma ormai era quasi un mese che camminava solo a piedi o con i mezzi, diceva che le auto  facevano solo spendere soldi”.
Il duplicato delle sue chiavi che  custodiva, tuttavia, furono molto utili ed evitarono l’entrata di forza che Becca odiava. Il suo appartamento non aveva nulla di particolare, era composto da un piccolo ingresso, piano cottura, camera da letto e bagno: non era una reggia ma di sicuro bastava per un uomo single: “cerchiamo dappertutto, magari spunta qualcosa di interessante”- “tutto lascia pensare che abbia chiuso casa per andare a lavoro come ogni mattina, c’è ancora la tazzina di caffè nel lavabo e nulla lascia credere a qualcosa di diverso, il letto è stato rifatto” disse l’ispettore: “l’unica cosa che salta agli occhi è che non è proprio un tipo ordinato, raccogliamo tutto quello che può servirci, aspettate però qualcosa di strano c’è: non vi sono foto, né esposte e nemmeno conservate” continuò Becca  “che abbia tagliato definitivamente i ponti col passato è evidente però mi sembra strano che non conservi nulla dei propri cari, non c’è nemmeno un cellulare e non lo abbiamo trovato  sul luogo del delitto, un agente assicurativo avrà dei clienti e oggi come oggi non avere un telefonino sembra assurdo, vedete se almeno trovate un’agenda o qualcosa del genere”- “commissario  guardi qui” un bigliettino arrotolato nel cestino delle carte attirò l’attenzione, c’era scritto: “Bar dei Fiori ore 21:00”- “forse questa è l’ultima persona che ha incontrato prima di morire, sperando che quel bigliettino si riferisca a ieri, voi continuate a cercare, Mainati noi andiamo al bar”.
Il Bar dei Fiori non era molto distante da Via Tiburtina e sembrava essere un posto carino, ben frequentato, nulla lo distingueva dai soliti luoghi di ritrovo della periferia romana. La foto ricavata dalla carta d’identità di Errico Siriano non era certamente delle migliori ma dopotutto non erano riusciti a trovare altro che lo riguardasse: “cosa posso servirle belle signore?” esordì il barista, un ragazzino che poteva avere  sedici anni, alto ed ossuto che si poneva in maniera sicura e  dongiovannesca , ma  invece delle solite risposte che riceveva, davanti ai suoi occhi si ritrovò un bel tesserino della polizia, che aveva  poco di amichevole: “tu eri di turno ieri sera? più o meno a quest’ora?” a Becca i finti simpatici piacevano poco e non aveva problemi a darlo a vedere: “sì, io lavoro qui tutte le sere, ma sa solo per pagarmi gli studi”- “guarda che non siamo venute per verificare la regolarità del tuo posto di lavoro, vogliamo solo sapere se hai visto quest’uomo e se era con qualcuno” il ragazzo abbassò gli occhi sull’immagine un po’ sbiadita che appariva ai suoi occhi e fece uno sguardo assorto, di uno che cerca di fare mente locale e che sa bene quanto possa essere importante rispondere affermativamente: “ sì, questo è il signor Errico, viene sempre qui ma perché cosa gli è successo?”- “è stato ucciso ma non è questo ciò che ti ho chiesto, sappiamo che aveva un appuntamento alle 21:00 con qualcuno in questo bar, tu lo hai visto o no?” la sicurezza che aveva precedentemente dimostrato, sembrava cominciare a tentennare ma poi lentamente rispose: “sì, effettivamente l’ho visto arrivare, stava aspettando al tavolo qualcuno, ed infatti ci ha messo  un po’ prima di ordinare, poi è arrivato un ragazzo, un tipo  strano, magro e trasandato, mi ha colpito perché non lo avevo mai visto con lui, dopotutto è, anzi era un tipo così elegante, e anche quelli che frequentava lo erano, io a questo non lo avevo mai visto”- “sapresti fare una sua descrizione dettagliata?” – “sì, credo di sì”- “bene allora vieni con noi in commissariato” disse Becca con un tono un tantino autoritario: “ma signora vede io sto lavorando, mi pagano ad ore e non mi posso allontanare”- “facciamo così” lo interruppe l’ispettore Mainati che fino a quel momento era stata in silenzio: “se tu me lo descrivi per bene potrei farlo io l’identikit, sono abbastanza brava a disegnare”.
“Hai tante qualità nascoste”- disse Becca mentre tornavano al commissariato: “mi diletto solo a fare ritratti, ecco tutto” era una dote che aveva ereditato dal padre, quanti giorni aveva trascorso insieme a lui nel suo studio, prima che accadesse la tragedia.

CAPITOLO 5

L’immagine inserita nel database continuava a cercare una corrispondenza per verificare a chi appartenessero quei tratti: fu lo stesso ispettore Mainati ad interessarsene, come faceva sempre in casi di omicidio, per lei non esistevano differenze di grado, tutti dal primo all’ultimo dovevavo fare ciò che era nelle proprie possibilità per trovare l’assassino; inoltre, più ore passavano e più c’era la possibilità per lui di scappare e riuscire a farla franca.
“Novità dai vicini della vittima?” disse Becca ai due agenti appena tornati dal sopralluogo: “no, qualcuno di loro lo ha visto uscire per andare a lavoro, come faceva ogni mattima ma nessuno lo ha visto rientrare, insomma siamo nuovamente in un vicolo cieco, però abbiamo inviato la richiesta per ricevere i tabulati telefonici” Criari era diventato molto bravo nel suo lavoro e a parte qualche parentesi dimostrava di essere all’altezza della fiducia che Becca gli dimostrava in ogni occasione utile.
“Commissario”- “Becca vorrai dire, che hai trovato?”- “sì scusa Becca, ho finalmente trovato una corrispondenza tra l’identikit e le foto segnaletiche, come potrai vedere si tratta di Guido Alfieri, è  già noto alle forze dell’ordine per spaccio e detenzione illegale di armi, è libero da circa sei mesi, questo vuol dire che avrebbe potuto tranquillamente commettere l’omicidio; inoltre risulta lavorare in un pub, poco distante da Via Tiburtina, potremmo andare a dare un’occhiata”- “ottimo lavoro, andiamo a verificare se ha qualcosa da dirci, Berti tu vieni con noi”. Per Rosa era molto piacevole sentirsi elogiare per il lavoro svolto, soprattutto se questi complimenti arrivavano da una persona che lei ammirava molto e sulla quale si era anche documentata; era una sua abitudine prima di cominciare a lavorare in un nuovo commissariato conoscere bene chi ne tenesse le redini.
I lavoranti in quel pub di terza categoria sia che servissero ai tavoli o che smistassero i cibi dietro al bancone o in cucina, avevano quasi tutti lo stesso aspetto: rozzo e di gente che di conti aperti con la giustizia ne aveva molti; Becca e Rosa dal canto loro, avevano la cosiddetta faccia da sbirro e persone come quelle sapevano sentirne l’odore anche a chilometri di distanza, inoltre continuavano ad osservarli per cercare tra loro l’interessato; un piccolo segno al braccio da parte di Rosa le fece subito capire dove fosse ma anche lui se ne accorse e cercò di scappare senza dare troppo nell’occhio: “fermo polizia” gridava Rosa con la pistola in pugno, entrata nella cucina e correndo quanto più poteva per riuscire a prenderlo; mentre correva Guido inciampò in un battente aperto all’improvviso e cadde a terra: “dove pensavi di andare” disse Rosa bloccandolo e mettendoli le manette; portare in commissariato i classici tipi che volevano fare i furbi era per lei una soddisfazione indescrivibile.
“Allora, vuoi spiegarci perché sei scappato se non avevi niente da nascondere?” Becca cercava di intimidirlo per farlo confessare ma lui sembrava rigido come il marmo: “io non ho fatto nulla ma ho sentito in televisione la notizia della sua morte e allora ho subito capito che volevate incastrarmi”- “forse non hai usato il termine giusto, noi volevamo solo interrogarti per sapere cosa ci facevi ieri sera al bar con lui, non mi sembra tanto strano dal momento che potresti essere stato l’ultimo a vederlo vivo”- “lo so quello che pensate di un tossico come me, che l’ho ucciso per soldi magari o per qualche altra ragione ma non è così- “allora dicci come è andata” intervenne Rosa ”io ho chiesto a Errico di vederci, gli ho lasciato un biglietto sotto la porta senza dirgli chi fossi altrimenti non sarebbe venuto”- “e perché?”- “prima Errico era un tossico come me, insieme facevamo dei furti, cose di questo genere per trovare i soldi, poi io sono andato più sul pesante, e ho preso una pistola, facendo delle rapine avremmo guadagnato di più ma lui non accettò e così decise di smetterla sia con me che con la droga, si ricoverò in una clinica, e da allora non ci siamo più visti”- “e poi cosa è successo? Perché ieri vi siete incontrati?”- “perché avevo bisogno di soldi, lui adesso stava bene economicamente e così gli ho chiesto di aiutarmi”- “e lui?” Becca cominciava a perdere la pazienza:” lui mi ha dato quello che aveva, duecento euro e mi ha detto di andarmene per sempre dalla sua vita”- “ e tu, hai pensato bene di seguirlo e di ammazzarlo, forse erano troppo pochi duecento euro”- “no io non l’ho ucciso, dopo sono andato al pub, avevo il turno di sera, potete chiedere a chi volete”- “verificheremo non ti preoccupare , ora vai ma guai a te se lasci la città, potresti servirci ancora”.
“ Secondo te dice la verità?” Rosa era molto titubante dopo averlo ascoltato- “non lo so ma più di verificare il suo alibi non possiamo, dopotutto il suo racconto dei fatti sembra coincidere con quello del barista, l’unica cosa che possiamo fare è continuare a cercare qualcuno che abbia avuto un motivo per ammazzarlo anche se sembra proprio un uomo perfetto che ha eliminato tutto il marcio che aveva intorno e dentro se stesso, ti va di andare a bere qualcosa?” essere circondata sempre da persone di sesso maschile era per Becca sinonimo di normalità ma anche di gran solitudine; dopotutto trascorrendo quasi tutto il giorno in ufficio la sera non aveva certo la voglia e soprattutto la forza di uscire a conoscere nuove persone, così in Rosa aveva trovato una possibile collega-amica e lo stesso era per lei. “Certo che mi va, se mi accompagni vado a prendere la borsa” il suo ufficio era un po’ più piccolo di quello di Becca ma aveva tutto ciò che poteva servirle per starci in maniera confortevole, una foto sulla scrivania però attirò la sua attenzione: “come stai bene in questa foto, sei con tuo padre? “- “sì è mio padre, eccomi sono pronta possiamo andare” era chiaro che avesse voluto evitare l’argomento e Becca non insistette, anche lei dopotutto odiava avere domande sulla sua vita privata, per cui cominciava a trovare delle vere e propie affinità tra loro.
“Carino qui” disse Rosa osservando il locale dove siedevano, un posto dove si riversava quasi tutto il commissariato per bere una birra dopo aver finito il servizio e dove si potevano scambiare due chiacchiere nonostante non si staccasse completamente dal lavoro: “ci vengo spesso a riordinare le idee, soprattutto quando mi trovo di fronte ad un caso difficile da risolvere”- “e questo lo è di sicuro”-“già, non riesco a capire cosa possa avere da nascondere un uomo come quello, è vero che il passato torna sempre ma credo che questo omicidio abbia ben poco a che fare con la malavita”- “dalla tipologia sembrerebbe quasi un delitto passionale, forse si tratta di qualche ragazza respinta o di una ex ragazza con la quale si è lasciato male, tutto è possibile”- “certo ci ho pensato anche io, soprattutto perché la vittima è stata anestetizzata, quindi non ha sentito alcun dolore fisico, è stato come morire in sala operatoria durante un intervento, c’è un briciolo di bontà nell’assassino”-“e sì un briciolo di bontà, anche se questa parola sembra essere fuori luogo rispetto al contesto” –“domani andremo all’agenzia dove lavorava, sicuramente qualcosa fuori uscirà, e se c’era qualche segreto apparirà chiaramente ai nostri occhi come una macchia d’olio sull’acqua” quel paragone lo usava spesso ma le serviva per rendere bene l’idea che coltivava nella sua mente e chi la conosceva lo sapeva, anche Rosa avrebbe imparato a conoscerla bene.

CAPITOLO 6

L’agenzia assicurativa Sorex era molto nota nella città per l’alto numero di clienti che calcolava di media ogni anno e che la metteva tra i primi posti nelle statistiche: “Sì Errico Siriano lavorava sotto la mia supervisione, era un tipo in gamba e riusciva a contattare persone di vario genere e farle diventare nostri clienti in un batter d’occhio, nessuno era come lui, ci mancherà oltre che come persona anche ai fini aziendali” disse il Dott Maini, un uomo sulla cinquantina dal capello brizzolato e dall’atteggiamento distinto: “quindi l’ultima volta che l’ha visto non le sembrava agitato o preoccupato per qualcosa? Domandò Rosa: “onestamente un po’ strano lo era ma ormai da qualche settimana, ossia in campo lavorativo era sempre il massimo, però quando gli si chiedeva qualcosa sembrava agitato e non dava molta attenzione ai discorsi”.
“Non che a lui interessasse molto” commentò Rosa rivolgendosi a Becca mentre si allontanavano dal suo ufficio “onestamente non mi meraviglio più di tanto perché in campo lavorativo i rapporti umani spesso vengono sottovalutati e messi in secondo piano molto facilmente, ragazzi voi chiedete ancora in giro mentre noi diamo un’occhiata alla sua scrivania”: non c’erano infatti uffici, a parte quello del boss, vi era una miriade di scrivanie all’americana con tutto il necessario: telefono, computer e documenti vari, ovviamente bisognava refertare tutto, perché tutto poteva essere considerato importante: “anche il suo mondo lavorativo era disordinato almeno tanto quanto la sua casa, comunque ritiriamo tutto, soprattutto il pc portatile, mi sembrava strano che non ne possedesse uno, di sicuro qua dentro ci sarà  qualcosa di interessante”-“ i suoi colleghi dicono le stesse cose del capo: tipo tranquillo ma nelle ultime settimane era un po’ strano ed agitato, nulla di più”- “vabbè noi ci avviamo al commissariato con il computer, voi refertate il resto”.
“Commissario” disse Berti non appena la vide entrare: “nel vostro ufficio ci sono i signori Siriano, chiedono di lei”- “e così dei parenti li aveva” pensava tra sé mentre si avvicinava all’ufficio: “ siamo venuti qui per sapere quando ci verrà riconsegnato il corpo” a parlare era stato un uomo sulla sessantina, di bell’aspetto ma dall’atteggiamento arrogante ed enormemente presuntuoso: “prima di tutto buongiorno e poi la salma sarà riconsegnata al più presto ma capirà che dal momento che siete qui, potreste anche aspettare un secondo e rispondere a qualche domanda, ad esempio come mai vi siate fatti vivi soltanto adesso”- “lui ci aveva escluso dalla sua vita da quando ha compiuto diciotto anni, se ne è andato via ed è andato a vivere da solo, ci odiava” disse la madre con la voce del pianto, anche lei aveva un bel viso, uno di quelli che ispirano tranquillità e fiducia: “si calmi adesso signora, Criari porti un bicchiere d’acqua perfavore, spiegatemi con calma cosa è successo: “non c’è molto da dire” continuò il padre: “la nostra è una famiglia che da generazioni si occupa di edilizia, siamo costruttori e mio nonno ha creato un’attività che ha dato i suoi frutti e che mio figlio avrebbe potuto continuare a far fruttare ma lui ha preferito abbandonarci e diventare agente assicurativo, come se quello che avevamo fosse irrispettoso per la sua etica, quando venne arrestato la prima volta cercai di aiutarlo e chiamai uno dei migliori avvocati in circolazione ma lui per aggravare la sua situazione, picchiò un agente carcerario e così aumentò la sua pena e mi chiese espressamente di farmi da parte perché altrimenti la avrebbe peggiorata ancora di più, mi ripeteva sempre che i soldi non compravano la felicità e cercava di farmelo capire in tutti i modi” per un attimo quel suo viso burbero si era sciolto e sembrava semplicemente quello di un padre disperato per la morte inattesa del proprio figlio.
“Non esiste quindi un episodio determinante che abbia creato questo distacco?”- “no, assolutamente” continuò la madre: “quando era piccolo era legatissimo a noi, cercavamo di dargli tutto il possibile per renderlo felice, però poi nell’età dell’adolescenza si è staccato, si è creato un suo mondo, dove non voleva assolutamente che noi entrassimo, si è cominciato dalla sua stanza per poi arrivare a lui, da quando è andato via per noi è stato un vero inferno e poi quando abbiamo sentito la notizia in televisione non ci potevamo credere, era assurdo ma chi l’ha ammazzato?”- “che domande fai Elsa, sarà stato sicuramente qualche suo amico delinquente, lui quelli frequentava”- “no, mi dispiace deluderla signor Siriano ma suo figlio era ormai pulito da tempo e certa gente non la frequentava più”- “bene noi comunque adesso possiamo andare?”- “certo, appena ci saranno novità, vi informeremo e mi raccomando fatevi forza”.
“Non mi stupisce che se ne sia scappato da un padre così” Criari intervenne con un certo impeto: “sì ma a volte le persone così fredde all’apparenza sono molto più dolci di quanto si possa pensare, solo che si tratta di un padre ferito nel suo orgoglio, dopotutto il figlio ha lasciato lui e i suoi soldi per farcela da solo, non tutti lo capiscono”; “commissario, sono arrivati i tabulati telefonici, a parte qualche telefonata a colleghi ce ne sono alcune ricevute  da una cabina telefonica, ci stiamo muovendo per capire dove si trovi”- “perfetto Berti, ottimo lavoro, quindi il povero Errico si sentiva con l’assassino da un po’ di tempo, non penso siano telefonate di cortesia, se provengono da una cabina, al giorno d’oggi mi sembra strano non avere telefono fisso o cellulare”.
“Ah dimenticavo, ha chiamato la pasticceria Sorriso, le ricordava di andare a ritirare il dolce entro le sette di stasera”- “va bene, non ti preoccupare me ne ricorderò” e sì per un po’ aveva dimenticato che quella sera avrebbe dovuto incontrarsi con Cathy, la aspettavano per la cena, la prima cena alla quale aveva accettato di partecipare nonostante ormai da quasi sei mesi le veniva proposto l’invito.
“Rosa ci sono novità col pc?” disse entrando nel suo ufficio: “ancora niente la password è difficile da decifrare ma dopotutto dovevamo aspettarcelo, lasciare un computer in ufficio presuppone che sia un po’ come una cassaforte”- “e già hai proprio ragione, sai che da quando ci sei tu mi sento come alleggerita, dopotutto ci dividiamo equamente il lavoro e poi sei un tipo proprio in gamba te lo devo dire”- “grazie detto da te è un complimento notevole, so bene che non elargisci facilmente frasi carine”- “e cos’altro si dice di me? Sono curiosa”-  “nulla di male, anzi ti riempiono di complimenti sul tuo modo di lavorare e di risolvere i casi, una vera maestra”- “ e vabbè facciamo finta di crederci anche se so che di me dicono anche altro, ad esempio che sono una rompiscatole e una troppo esigente, e questo devo purtroppo riconoscerlo”- “credimi anche io lo sarei al posto tuo, non si può essere troppo gentili e dolci quando ci si trova di fronte ad efferati omicidi e sappiamo bene che tu te ne sei trovata di fronte tanti”- “mi lusinga essere considerata così da te, comunque tornando a noi speriamo di riuscire a trovare presto questa password, non abbiamo molto tempo a nostra disposizione”- “già e poi l’assassino potrebbe anche essere lontano a quest’ora, speriamo di riuscire a scovarlo e farlo marcire in galera, persone così non meritano di farla franca” sembrava strano ma era come se lei, nel pronunciare quelle parole si sentisse coinvolta in prima persona e questo a Becca non sfuggì.